Presentata l’ultima edizione dell’Osservatorio sulla componentistica automotive italiana, indagine realizzata dalla Camera di commercio di Torino, da ANFIA (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica) e dal Center for Automotive and Mobility Innovation (CAMI) del Dipartimento di Management dell’Università Ca’ Foscari Venezia.
“La crisi 2020 non fa che velocizzare un processo di ristrutturazione e revisione della filiera automotive italiana – spiega il Presidente della Camera di commercio di Torino Dario Gallina. – Oggi, di fronte a un mercato internazionale che mostra segni negativi in tutti i Paesi, diventa sempre più urgente strutturarsi e innovare: il 29,5% delle imprese, sulla base dei prodotti che realizza, dichiara oggi di posizionarsi principalmente sul mercato dei nuovi veicoli con motorizzazioni elettrificate, anche accanto ad altri powertrain, con l’obiettivo di ritagliarsi un ruolo significativo in uno scacchiere internazionale in continua evoluzione. Saranno fondamentali politiche industriali dedicate che traccino un percorso di trasformazione e innovazione a livello nazionale ma soprattutto europeo”.
Per Marco Stella, Presidente del Gruppo Componenti ANFIA (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica): “La crisi Covid ha sorpreso una filiera automotive italiana alle prese con un’apertura non brillante del 2020 e, soprattutto, con un rivoluzionario processo di riconversione industriale di forte impatto sull’assetto produttivo, sulle scelte di investimento e sulla riqualificazione degli operatori, complicandone ulteriormente il contesto. La componentistica è ancora più di prima chiamata a reagire a questa fase di incertezza rimodulando l’offerta e puntando sugli investimenti in ricerca e sviluppo – in risposta ai cambi di prospettiva della domanda e alle attese in termini di spinta innovativa, da soddisfare anche avvicinandosi maggiormente al mondo delle startup e riconoscendo i benefici dell’aggregazione aziendale e della convergenza delle competenze. Questo non senza l’indispensabile contributo di un piano strategico nazionale per il rilancio del settore”.
Secondo Francesco Zirpoli, Direttore scientifico del CAMI del Dipartimento di Management dell’Università Ca’ Foscari Venezia: “La filiera italiana si trova a fronteggiare due fonti di incertezza. La prima, molto contingente, riguarda i tempi e la misura della ripresa della domanda e della produzione di autoveicoli in Europa e nei principali mercati di sbocco. La seconda è legata alle scelte di Stellantis, la società̀ frutto della fusione tra PSA e FCA, che presenta indubbie sovrapposizioni in EU tra attività̀ di progettazione, produzione, e composizione della filiera. La risposta alle sfide che le evoluzioni di mercato e tecnologia stanno ponendo passa attraverso un cambio di passo negli investimenti pubblici e privati in ricerca e sviluppo e dalla costituzione di poli di eccellenza che sappiano trainare l’intera filiera verso il rinnovamento della struttura manageriale, l’accesso a risorse finanziarie nei mercati internazionali dei capitali e la costituzione di reti per l’innovazione”.
Il contesto internazionale 2019-2020
Nel 2019 la domanda mondiale di autoveicoli ha totalizzato 91,5 milioni di unità, oltre 4,3 in meno rispetto al 2018 (-4,5%). Hanno pesato le flessioni di mercato in Cina (-8,1% dopo il -3% del 2018) e in India (-13,3%). La domanda di autoveicoli in UE-EFTA, in crescita dal 2014, chiude il 2019 a 18,4 milioni di unità (+1,4% sul 2018), mentre in Italia il mercato 2019 si mantiene sui livelli del 2018 (+0,5%), grazie alla tenuta del comparto degli autoveicoli leggeri (+0,6%). A causa della crisi Covid-19, nei primi 9 mesi del 2020 la domanda di autovetture registra una contrazione del 29% in UE, del 23% in EFTA e del 33% in UK; negli USA le vendite di autoveicoli leggeri calano del 19%, mentre in Cina e in Giappone le vendite di autovetture si riducono rispettivamente del 12% e del 18%. La recessione causata della pandemia potrebbe richiedere al settore automotive un periodo più lungo rispetto alle crisi precedenti per essere superata, tra 3 e 5 anni. Nel 2020 la domanda mondiale potrebbe attestarsi attorno a 76 milioni di autoveicoli (-17%), mentre in UE-EFTA la crisi sanitaria riesplosa nel 4° trimestre potrebbe trascinare al ribasso le previsioni da -25% a -35%. In Italia le vendite di autovetture sono previste in calo del 27% a 1,4 milioni di unità.
Con 92,1 milioni di autoveicoli, la produzione mondiale nel 2019 segna una contrazione più marcata (-5,2%) rispetto a quella del 2018 (-1%). La fabbricazione di autoveicoli è diminuita in Cina, UE15, Turchia, India e Iran, mentre è aumentata solo in UE13 e Brasile. La produzione in UE ha totalizzato nel 2019 18,3 milioni di autoveicoli (-4,6% e una quota del 19,8% sul totale mondiale). Nei primi 6 mesi del 2020 le perdite di produzione a livello mondiale causa Covid-19 ammontano a circa 11 milioni di autoveicoli rispetto allo stesso periodo del 2019 e si prevede un calo del 17% a fine anno. In Italia, la produzione di autoveicoli è diminuita del 13,9% nel 2019, mentre a gennaio-giugno 2020 registra una contrazione del 46,7%. La produzione industriale del settore automotive nel suo complesso (inclusa la produzione di carrozzerie e componenti), registra un calo tendenziale del 9,5% nel 2019 rispetto al 2018, che era in flessione del 3,3% sul 2017, e chiude il consuntivo di gennaio-settembre a -30,9% su base annua.
L’Osservatorio sulla componentistica automotive italiana – Edizione 2020
I numeri della componentistica automotive
Nel 2019 l’universo della componentistica automotive italiana ha generato un fatturato complessivo di 49,2 miliardi di euro e ha fatto registrare un numero di addetti pari a 164.305. La variazione di fatturato complessiva sul 2018 è stata pari al -3,9%, dato che rappresenta una battuta di arresto rispetto a quanto rilevato nell’ultimo quinquennio e che riguarda quasi tutti le categorie di fornitori, in particolare i sistemisti e modulisti (-6,2%); viceversa risultano positivi i trend degli specialisti del motorsport e degli E&D. Gli addetti rimangono nel complesso stabili (+0,6%) con un andamento negativo che ha riguardato subfornitori delle lavorazioni e sistemisti e modulisti.
La filiera automotive nel 2019
L’indagine mostra una filiera in grande difficoltà già prima della crisi sanitaria; dopo la decelerazione evidenziata nel 2018 per molti segmenti del settore, il saldo tra le dichiarazioni di aumento e quelle di decremento del fatturato espresse dalle imprese è risultato pari al – 26%: crescono infatti le attività con giro d’affari in riduzione (il 59% a fronte del 35% dell’anno precedente), rispetto alle attività con fatturato in espansione (un’impresa su tre, rispetto al 54% del 2018). Le difficoltà hanno riguardato quasi tutti i segmenti della componentistica, tranne le attività di Engineering & Design (saldo del +23%), che rinforzano la ripresa significativa avviata a partire dal 2018.
A rafforzare il quadro di incertezza per la filiera italiana, vi sono anche le incognite in merito all’impatto derivante sull’indotto dalla nascita del Gruppo Stellantis. Per il 73% delle imprese dell’Osservatorio le nozze FCA-PSA rappresentano un’operazione favorevole per lo sviluppo della filiera, principalmente per il possibile aumento dei volumi di fornitura grazie alle piattaforme comuni (il 51% delle risposte), ma anche per la presenza del nuovo gruppo su più mercati (il 25%), nonché per l’impulso che potrebbe essere dato alle collaborazioni tra imprese della catena di fornitura (il 23%). Domina invece la percezione dei rischi lo spostamento del baricentro decisionale verso l’estero (il 59% dei rispondenti), mentre per un’impresa su tre la maggiore preoccupazione deriva dalla possibile riduzione dei volumi di fornitura in Italia (il 32%).
Propensione all’internazionalizzazione
In leggero aumento la quota di imprese che esportano (il 74,9%) così come l’incidenza del fatturato prodotto sui mercati esteri rispetto ai ricavi totali (il 40,9%), tendenza, quest’ultima, che riguarda tutte le categorie di fornitori, ad eccezione dei subfornitori dell’Aftermarket. Cresce, tuttavia, di oltre dieci punti percentuale il numero di rispondenti che hanno dichiarato un calo del fatturato estero 2019 rispetto al 2018 (il 38,1% contro il 27,6% dell’edizione precedente). L’Europa rimane la prima area di destinazione dell’export italiano e piemontese con Germania, Francia e Polonia fra i primi mercati; tuttavia emerge un leggero incremento verso i paesi asiatici e del Nord-America.
R&S
Rispetto al 2018 sale dal 69% al 73% – ritornando alla quota rilevata nel 2017 – la percentuale delle imprese che dichiara di destinare una quota del proprio fatturato in processi di innovazione e, parallelamente, cresce il peso di coloro che in tali attività investono più del 10% del proprio giro d’affari. In leggero aumento anche la quota delle imprese con addetti impiegati in R&S che nel 2019 è pari al 72% a fronte del 69% della precedente rilevazione.
Nel complesso, nel triennio 2017-19, è risultato che otto imprese su dieci hanno immesso sul mercato innovazioni di processo e/o di prodotto. Si evidenzia inoltre una maggiore apertura all’open innovation rispetto al passato per le innovazioni di processo; sebbene il ricorso all’in-house sia prevalente, si attivano maggiori collaborazioni con l’esterno, principalmente con altre imprese.
Nuovi trend della mobilità
Nell’ambito delle rilevazioni dell’Osservatorio, è stato chiesto alle aziende della supply chain italiana di esprimersi relativamente a due aspetti legati ai nuovi powertrain. Innanzitutto, è stato chiesto alle aziende intervistate di indicare su quale tipo di powertrain l’azienda sia posizionata per ciò che riguarda l’attività principale, benché un’impresa su tre non sia in grado di valutare il mercato di riferimento per i propri prodotti. Il 29,5% dei rispondenti ha individuato nei veicoli elettrici o ibridi il posizionamento principale, anche accanto ad altri powertrain (benzina, diesel e metano/gpl): si tratta di un valore elevato, effetto del recente ampliamento dell’offerta di EPV (Electrified Powertrain Vehicles), anche e soprattutto da parte di FCA. Inoltre, se la maggior parte dei rispondenti converge ancora sul diesel (il 59,4%), emerge un numero relativamente basso di rispondenti imprese che hanno indicato il diesel come unica scelta (13,1%), dato “confortante” alla luce delle prospettive future di questa motorizzazione; per contro, il 6% di aziende che ha indicato di essere posizionata prevalentemente sui soli powertrain elettrificati o ibridi.
Confortante anche il netto aumento, rispetto alla rilevazione dell’anno scorso, della percentuale di componentisti che ha partecipato a progetti di sviluppo relativi ai powertrain elettrificati, che ora si aggira intorno al 28% sia per l’elettrico che per l’ibrido, cioè in linea con la percentuale di aziende che ha indicato nei veicoli elettrici o ibridi il posizionamento principale della propria attività, anche accanto ad altri powertrain. Infatti, rispetto all’anno precedente la crescita di aziende che hanno partecipato a progetti di sviluppo di EPV è passata dal 18,6% al 28,4% per l’elettrico e dall’11,8% al 27,5% per l’ibrido; inoltre, è quasi raddoppiato il numero di componentisti che ha partecipato a progetti di riduzione delle emissioni dei motori a combustione interna (passando dall’11,2% al 20,5%).
Per quanto riguarda le risorse e competenze necessarie a questi progetti, le imprese ritengono che i principali percorsi da seguire siano tre: la formazione delle risorse umane interne per l’acquisizione delle competenze necessarie (il 54% delle imprese), l’individuazione di forme di collaborazione o consulenza con risorse umane esterne – per esempio di centri di ricerca pubblici e privati e università (il 42%) – e il ricorso all’assunzione di risorse già in possesso di tali competenze (il 39%).
Approfondimento su crisi sanitaria Covid19
L’indagine propone doverosamente quest’anno un approfondimento, rivolto ai rispondenti all’edizione 2020 dell’Osservatorio sulla componentistica automotive, sugli impatti della crisi sanitaria e sulla reazione delle imprese della filiera.
La prima ondata pandemica ha causato conseguenze molto significative in termini di calo del fatturato, degli ordinativi, e dell’occupazione: delle 228 imprese rispondenti, circa il 90% prevede un calo del fatturato, degli ordinativi (interni ed esteri), e dell’occupazione, con una netta prevalenza di cali attesi tra il 20% e il 50%.
Tuttavia, solo il 50% delle imprese rispondenti ipotizza un cambio di strategia, a valle di lunghe chiusure (per il 60% dei rispondenti, di 1 o 2 mesi) e conseguente crisi di liquidità. Le imprese della filiera al momento sembrano maggiormente focalizzate a contenere l’emergenza piuttosto che orientate ad identificare possibili opportunità che da queste possano emergere. Emblematico il caso degli interventi governativi ritenuti prioritari da parte delle imprese: solo un quinto dei fornitori ritiene che il Governo debba agire per rilanciare la ricerca e sviluppo, mentre incentivi alla domanda ed estensione della cassa integrazione insieme rappresentano le misure maggiormente auspicate dalla maggioranza dei fornitori.